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13 Febbraio 2025

L’iperplasia prostatica benigna: sintomi, cause, diagnosi e protocollo di cure

L’iperplasia prostatica benigna (IPB) è una condizione comune negli uomini sopra i 50 anni, caratterizzata da un ingrossamento della prostata che può causare disturbi urinari. 

Sebbene non sia una patologia maligna, può compromettere la qualità della vita e richiedere un trattamento specifico.

L’iperplasia prostatica benigna

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Questa condizione, nota anche come ingrossamento della prostata, è una delle patologie più comuni tra gli uomini anziani. 

Pur non essendo un tumore, può causare sintomi urinari fastidiosi e interferire con la qualità della vita. 

L’IPB è una condizione progressiva, il che significa che tende a peggiorare con il tempo se non viene trattata adeguatamente. 

I sintomi dell’iperplasia prostatica benigna

L’IPB si manifesta con sintomi urinari legati all’ostruzione del flusso urinario e all’irritazione della vescica. 

I pazienti possono sperimentare:

  • difficoltà a iniziare la minzione
  • riduzione della forza del getto urinario;
  • necessità di urinare con maggiore frequenza, specialmente durante la notte (nicturia). 

Inoltre, è comune la sensazione di svuotamento incompleto della vescica, che può portare a un aumento del numero di minzioni nel corso della giornata. 

Nei casi più avanzati, l’ostruzione urinaria può causare complicanze come infezioni ricorrenti, calcoli vescicali e, nei casi più gravi, ritenzione urinaria acuta che richiede un intervento medico immediato.

Le cause dell’iperplasia prostatica benigna

L’iperplasia prostatica benigna è causata da un aumento del numero di cellule della ghiandola prostatica, che porta al suo progressivo ingrossamento. 

Sebbene la causa esatta non sia del tutto chiara, si ritiene che i principali fattori responsabili siano legati a cambiamenti ormonali associati all’invecchiamento

L’incremento cellulare, e di conseguenza del volume dell’intera ghiandola, è causato da molteplici processi patogenetici.

Fondamentale è il ruolo di testosterone (o più precisamente di-idro-testosterone) e degli estrogeni: uno squilibrio, che avviene fisiologicamente durante l’invecchiamento del maschio, nei livelli di tali ormoni va a stimolare la sintesi di fattori responsabili dell’accrescimento della prostata.

Anche lo stato di infiammazione cronica (prostatite cronica) contribuisce al rimodellamento della ghiandola e all’aumento dimensionale dell’adenoma prostatico.

Altri fattori di rischio includono:

  • uno stile di vita sedentario
  • obesità;
  • abitudini alimentari poco equilibrate.

La diagnosi

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La diagnosi dell’IPB si basa su un’accurata anamnesi, un esame obiettivo e test diagnostici specifici. 

L’esplorazione rettale digitale consente di valutare dimensioni e consistenza della prostata.

Il dosaggio del PSA, esami strumentali come l’ecografia prostatica transrettale e l’uroflussometria forniscono, infine, informazioni dettagliate sulla struttura e sulla funzionalità urinaria.

Trattamento dell’ipertrofia prostatica benigna

Il trattamento dell’iperplasia prostatica benigna dipende dalla gravità dei sintomi e dal loro impatto sulla vita quotidiana.

Quando i sintomi diventano più invalidanti, si ricorre a terapie farmacologiche o a interventi chirurgici.

Terapia farmacologica

Fitoterapici

Costituiscono spesso il primo step di trattamento che viene proposto a quei pazienti che lamentano iniziali disturbi minzionali.

In questa categoria di prodotti, la sostanza più comunemente rappresentata è costituita dagli estratti della Serenoa Repens, che agiscono diminuendo l’infiammazione e la congestione a livello prostatico. 

Alfalitici (detti anche alfa-bloccanti o antagonisti degli alfa-recettori)

Agiscono mediante un rilassamento della muscolatura della capsula prostatica e del collo vescicale ed aumentano la portata del flusso urinario.

Le molecole più utilizzate sono tamsulosina, silodosina, doxazosina, alfuzosina, terazosina.

La presenza di eiaculazione retrograda (ovvero la mancata fuoriuscita di liquido seminale al momento dell’orgasmo) è un effetto avverso, seppur reversibile alla sospensione del farmaco, lamentato dalla quasi totalità dei pazienti.

Inibitori della 5-alfa-reduttasi

Sono consigliati soprattutto nei pazienti con prostate particolarmente voluminose e contribuiscono, agendo sulla forma attiva del testosterone (il di-idro-testosterone), a diminuire le dimensioni dell’adenoma (in alcuni casi anche del 30-50%).

Di questa classe di farmaci fanno parte finasteride e dutasteride, che possono essere usate da sole, o in associazione agli alfalitici.

Effetto collaterale molto comune è un calo della libido, con conseguente disfunzione erettile (reversibile con la sospensione della terapia).

Antimuscarinici

Sono raccomandati soprattutto nei pazienti che lamentano sintomatologia irritativa, poiché vanno a ridurre la contrattilità vescicale.

Esempi sono ossibutinina, solifenacina, fesoterodina.

Effetti collaterali possono essere secchezza delle fauci, stitichezza, cefalea e ritenzioni di urina acute o croniche.

Inibitori della fosfodiesterasi di tipo 5 (PDE5Is)

Sono farmaci più comunemente usati nel trattamento della disfunzione erettile, come nel caso del tadalafil.

È stato dimostrato, tuttavia, che possiedono un’efficacia anche nel ridurre il tono muscolare a livello di prostata, uretra e collo vescicale, aumentando il flusso urinario. Sono pertanto particolarmente indicati nei pazienti che abbinano deficit erettile ad iniziale IPB.

Intervento chirurgico

Quando la terapia farmacologica non è più sufficiente a controllare i sintomi dell’IPB, si ricorre a interventi chirurgici o mininvasivi. 

Esistono diverse tecniche che variano in base alle dimensioni della prostata e alle condizioni del paziente. 

Le procedure più comuni utilizzano strumenti endoscopici o laser per rimuovere il tessuto in eccesso e migliorare il flusso urinario.

TURP (resezione endoscopica della prostata con energia monopolare o bipolare)

La TURP dell’intervento storicamente più eseguito, in quanto caratterizzato da ridotta invasività e ottimi miglioramenti in termini di sintomi e flusso urinario.

Si accede alla prostata per via endoscopica transuretrale, cioè passando dal pene senza eseguire tagli né buchi: quando si giunge in corrispondenza della ghiandola prostatica, il resettore permette di staccare poco alla volta piccole porzioni di adenoma prostatico.

I frustoli di prostata sono agevolmente rimossi ed inviati ad esame istologico definitivo.

È particolarmente consigliata in caso di prostate tra i 30 gli 80 g, ma, per via della tipologia di strumento utilizzato (con ridotte capacità di coagulare i tessuti), può essere complicata da importanti sanguinamenti post-operatori.

ThuVAP (vaporizzazione di adenoma prostatico mediante laser al Thullio)

È una variante più moderna della classica TURP, da cui si differenzia per l’utilizzo del laser al Thullio al posto del resettore mono o bipolare.

Per mezzo del laser si procede alla vaporizzazione dell’adenoma prostatico.

Si tratta di una tecnica estremamente efficace, indicata in particolare per i pazienti in terapia antiaggregante o anticoagulante, per il ridotto rischio di sanguinamenti post-procedurali.

Di contro, il tessuto vaporizzato durante la procedura è letteralmente “distrutto” e non può essere inviato ad esame istologico definitivo, per cui è necessario escludere con certezza la possibile presenza di tumore prostatico prima di proporre questa tipologia di intervento.

La vaporizzazione viene consigliata in caso di prostate non particolarmente voluminose, in genere inferiori agli 80 g.

ThuLEP o HoLEP (enucleazione di adenoma prostatico mediante laser al Thullio o all’Holmio)

A differenza della ThuVAP, non si procede a vaporizzare l’adenoma prostatico, bensì si “scolla” per via endoscopica (la cosiddetta enucleazione), si posiziona in vescica e in tale sede si “tritura” (morcellazione) per poter estrarre il tessuto ed inviarlo ad esame istologico definitivo.

L’enucleazione è particolarmente indicata per prostate di medio-grandi dimensioni (in genere superiori agli 80 g).

Si tratta di interventi che, seppur mininvasivi, per ottenere risultati soddisfacenti e a lungo termine per il paziente, devono essere eseguiti da specialisti adeguatamente formati e in strutture che abbiano a disposizione lo strumentario adeguato.

La chirurgia con il laser al Thullio (che si tratti di ThuVAP o ThuLEP) presenta molti vantaggi rispetto alle tecniche tradizionali: degenza ridotta (oltre il 50%), minori sanguinamenti con conseguente diminuzione del rischio di trasfusioni, possibilità di operare pazienti scoagulati o antiaggregati, sintomatologia post–operatoria ridotta con conseguente riduzione dei giorni di posizionamento di catetere vescicale (a seguito dell’intervento) e della sintomatologia irritativa successiva alla procedura, maggior conservazione delle normali capacità erettili e di eiaculazione rispetto alle tecniche tradizionali.

Adenomectomia

L’adenomectomia (o prostatectomia semplice, per traduzione letterale del nome anglosassone “simple prostatectomy”) è una tipologia di intervento non endoscopico, che si riserva per prostate particolarmente voluminose, laddove l’enucleazione endoscopica (ThuLEP o HoLEP) non possa essere proposta al paziente.

Tradizionalmente veniva eseguita a cielo aperto, incidendo la cute sopra il pube e asportando l’adenoma prostatico per via transvescicale (con incisione della vescica) o attraverso la capsula prostatica (tecnica di Millin), dopo averlo scollato con il dito.

Per via dell’alto numero di complicanze conseguente a questa tecnica a cielo aperto (il 20-25% dei pazienti necessita di trasfusioni nel post-operatorio a causa dell’elevato rischio di sanguinamento), negli ultimi anni è stata introdotta la prostatectomia semplice robot assistita (o adenomectomia robotica).

Anche in questo caso si asporta solamente la porzione “centrale” della ghiandola prostatica e si lascia in sede la parte più periferica, anatomicamente adesa alle strutture vascolari e nervose responsabili dei meccanismi di continenza urinaria ed erezione.

Oltre a garantire gesti chirurgici estremamente precisi grazie ai micro-movimenti degli strumenti e alla visione tridimensionale, con l’approccio robotico si è in grado di coagulare in maniera adeguata i tessuti e di ridurre in maniera drastica il rischio di sanguinamenti, di complicanze e di degenza post-operatoria.

Recupero post-operatorio

Nei primi giorni dopo l’intervento è comune l’uso di un catetere vescicale per favorire il drenaggio urinario. 

Il recupero varia in base al tipo di procedura eseguita, ma in genere il ritorno alle normali attività avviene entro alcune settimane. 

Seguire le indicazioni mediche, mantenere un’adeguata idratazione sono aspetti fondamentali per ottimizzare il recupero.

F.A.Q.

Quanto è doloroso l’intervento alla prostata?

La maggior parte degli interventi alla prostata viene eseguita con tecniche minimamente invasive, riducendo il dolore post-operatorio. 

L’uso di anestesia e di farmaci analgesici permette di gestire efficacemente il disagio, che solitamente si attenua nei giorni successivi all’operazione.

Quanti tipi di intervento alla prostata ci sono?

Esistono diversi tipi di intervento alla prostata a seconda delle condizioni generali del paziente e delle dimensioni della prostata.

La TURP è la tecnica più comune per l’IPB, mentre la prostatectomia radicale è riservata ai tumori prostatici.

L’utilizzo del Laser ha aperto nuove frontiere per il trattamento dell’IPB.  Per prostate molto voluminose, si può ricorrere all’adenomectomia robotica.

Ci sono alternative non chirurgiche per trattare l’IPB?

Sì, oltre alla terapia farmacologica, esistono trattamenti mininvasivi che possono essere indicati per pazienti selezionati.


a cura del Prof. Bernardo Rocco, Direttore dell’Unità Operativa Complessa di Clinica Urologica del Policlinico Gemelli di Roma.